martedì 22 novembre 2022

novembre 22, 2022

Il Mississippi di Jesmyn Ward. "Salvare le ossa".


Sono i corpi a raccontare storie.


Autrice:
Jesmyn Ward
Titolo: Salvare le ossa
Titolo originale: Salvage the Bones
Edizione: NNEditore, 2018
Traduzione: Monica Pareschi

Esch è un’adolescente afroamericana, appassionata di storie e libri che legge grazie alle assegnazioni scolastiche con trasporto e una forte immedesimazione. L’estate del 2005, anno del tragico uragano Katrina, a Esch è stato assegnato Mythology, una raccolta di racconti della mitologia greca riadattati per i ragazzi. Esch ne rimane stregata, in particolare si interessa della storia degli Argonauti e della figura di Medea, audace e scaltra donna protagonista di una serie di miti tragici e d’amore e che arriva a uccidere i propri figli pur di assicurare che il suo sposo, Giasone, non possa avere discendenza. Esch si lascia trasportare dalle storie d’amore e passioni che vengono raccontate in quel libro, immaginando di poter essere amata come le donne protagoniste di quelle storie e di avere la loro audacia.

La storia di Salvare le ossa viene raccontata proprio da Esch in prima persona e si concentra nei dodici giorni precedenti al disastro dell’uragano Katrina tra il Mississippi e la Louisiana. Come per tutta la trilogia di Bois Sauvage, anche Salvare le ossa viene ambientato, per l’appunto, nella fittizia Bois Sauvage, una cittadina con una forte comunità afroamericana di cui la famiglia di Esch e i suoi amici fanno parte.

La storia di Salvare le ossa si svolge in un Mississippi che Ward conosce molto bene e in una realtà sociale altrettanto familiare. La famiglia di Esch è povera, e si tratta di una povertà che permea silenziosamente gli eventi narrati in queste pagine. Non ingombra, ma è sempre presente, violenta a volte come la potenza creatrice e distruttrice della natura. Non è un caso che i due elementi naturali che incorniciano tutto il romanzo dall’inizio alla fine siano la nascita e l’uragano.

Il romanzo si apre, infatti, con il parto sofferto di China, il cane del fratello di Esch, che la ragazza associa più a un combattimento, rimuovendo così ogni alone di romanticismo legato a quest’atto. Tuttavia, Esch non riesce a separare del tutto la nascita di una nuova vita dalla delicatezza a cui viene stereotipicamente associata. Allo stesso modo in cui racconta il parto di Junior, il più piccolo dei suoi fratelli, che “era viola e azzurro come un’ortensia: l’ultimo fiore di mamma” (10), anche China finisce per dare alla luce “un bulbo rosso-violaceo”, che Esch associa alla fioritura (12). La prospettiva ingenua e edulcorata di Esch sul parto, la nascita e la maternità inizia a sgretolarsi nell’istante in cui, a poche pagine dall’inizio del libro, la protagonista scopre di essere incinta. Con l’imminenza dell’uragano alle porte del Bayou e della “Fossa”, l’avvallamento tra i boschi che Skeet, Esch, Junior e il padre chiamano casa, la ragazza sarà costretta a confrontarsi con un corpo in continuo cambiamento, un corpo che racconta la sua storia

Sono inginocchiata sopra il lavabo. Il lavandino è di metallo duro, e dove si incassa nel mobiletto di plastica c’è un piccolo rialzo che si incide nelle mie ginocchia. Voglio controllare quanto sono ingrassata, per rendermi conto se si vede. […] devo vedermi con gli occhi, non solo con le mani, le mani che durante il sonno tengono la pancia e che quando mi sveglio trovo sempre infilate sotto l’elastico dei pantaloni. 

La storia apparentemente silenziosa, sofferta, degli afosi giorni che precedono l’uragano viene incorniciata da tutti gli elementi appena menzionati, che riguardano il rapporto con il proprio corpo, la propria femminilità – e cosa questa significhi per un’adolescente afroamericana di una famiglia povera -, la maternità e l’aspetto sociale che tutte queste tematiche portano inevitabilmente in superficie.

Esch sembra essere alienata, distante da sé e dal proprio corpo quando inizia il romanzo. La mancanza di romanticismo e di favola nell’atto sessuale sembra essere il motivo che spinge la ragazza ad avere quei comportamenti promiscui con i ragazzi che le ronzano attorno e che finiranno per incatenarla al proprio corpo con la scoperta della gravidanza. Anche nell’ignoranza delle conseguenze di questi comportamenti, Esch rimane incastrata nella povertà economica della sua famiglia e sembra uscirne solo quando, da narratrice, assume atteggiamenti quasi mistici, veggenti. Elevando il suo stesso tono narrativo, Esch si mette in fuga dalla realtà che vive quotidianamente per vivere un sollievo che, anche se spesso sfocia nell’alienazione, sa di poter trovare solo nelle sue storie mitiche. 

La gravidanza mette Esch in condizione di vedersi e vedere il suo corpo crescere, cambiare, assumere quelle forme tecnicamente femminili che la ragazza non aveva mai considerato. La maternità, anche quella mancata visto che Esch e i suoi fratelli sono orfani di madre, si fa strada nel romanzo come una presenza che non si palesa mai del tutto e che quando lo fa diventa quasi distruttiva. La madre di Esch è morta mettendo al momento Junior e a un disastro naturale la cui grandezza è solo vagamente percepibile viene dato il nome di una donna, Katrina. La potenza della natura diventa così creatrice e distruttrice allo stesso tempo e culminerà proprio con l’arrivo dell’uragano.

Se da una parte Salvare le ossa assume toni molto simili al misticismo delle pagine di Mentre morivo di Faulkner che Esch legge durante l’estate dell’uragano, elevando così il romanzo a una sfera decisamente poetica molto forte, la realtà sociale degradante di Ward non rimane in secondo piano. Il tema sociale nel romanzo è molto sottile, presentato in maniera che rimanga tra le righe letteralmente, che non venga nominato esplicitamente ma suggerito da alcuni elementi appena nominati. La fossa, il luogo dove la famiglia di Esch vive da generazioni, è il simbolo dell’avvallamento sociale che la comunità nera di Bois Sauvage è costretta a vivere ogni giorno e che, quasi per natura del territorio, sprofonda sempre di più verso il degrado e l’oblio. 

Il giorno prima di un uragano arriva sempre una telefonata. Quando era viva mamma, rispondeva lei. Sono quelli del governo, chiamano tutti gli abitanti delle zone minacciate. […] Non ricordo cosa dice esattamente, qualcosa come: «Ordine di evacuazione. L'arrivo dell'uragano è previsto per domani. Il governo declina ogni responsabilità nel caso in cui decidiate di rimanere nelle vostre case e non abbiate ancora evacuato la zona. Siete avvertiti». Segue una lista di quelle che «potrebbero essere le conseguenze delle vostre azioni». E non so se lo dice proprio in maniera esplicita, ma il senso è questo: «Rischiate di morire». 

Come giustamente afferma Serena Daniele, editor di NNEditore, Salvare le ossa è l’epica degli ultimi, coloro che vengono lasciati ai margini anche in situazioni tragiche nazionali come l’uragano. Non è un caso che quando il governo chiama i cittadini della zona per avvertire dell’imminente arrivo di Katrina, la responsabilità della fuga e della propria sopravvivenza sembri quasi essere addossata agli stessi abitanti della zona. Che possano permettersi o no di fuggire, di trovare un riparo, se muoiono è solo colpa loro. Come viene narrato in un altro episodio del romanzo, i bianchi a Bois Sauvage vengono solo in vacanza, i neri invece popolano la comunità e la mantengono viva, seppur in bilico tra assi di legno marce e furgoni abbandonati. La mitologia del romanzo in questo senso diventa un contraltare alla parte sociale degradante, ingiusta e razzializzata della realtà e eleva la narrazione quasi a un atto di purificazione dalla quotidianità.

L’uragano, Katrina, forza distruttrice della natura spazza via tutto, anche l’alienazione dalla realtà del quotidiano. Monica Pareschi, traduttrice della trilogia di Bois Sauvage, afferma che “[u]na riconciliazione degli opposti è possibile solo in un inventario finale di ciò che è inevitabilmente rotto, perduto, frammentato, distrutto, e nessuna riparazione sarà in grado di occultare le fratture.” Niente di più vero per un romanzo che ci tiene col fiato sospeso dalla prima all’ultima pagina, con la consapevolezza che qualcosa di grosso, maestoso, distruttivo sta arrivando e che scoperchierà tutto ciò che stiamo cercando disperatamente di evitare di vedere.

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