martedì 16 luglio 2019

luglio 16, 2019

#LeOreconTolkien: impressioni e curiosità su "La compagnia dell'Anello"

Dopo una serie di tentennamenti iniziali, sono riuscita con successo a terminare The Fellowship of the Ring (La compagnia dell'Anello) dopo un mese esatto dal giorno di inizio. Oggi ti racconto le impressioni di questa prima lettura in inglese e approfondisco alcuni degli aspetti che mi sono sembrati interessanti a primo impatto.


Passare dalla lettura di Lo Hobbit a quella de Il Signore degli Anelli è stato abbastanza impegnativo poiché tra i due romanzi c'è uno scarto ben visibile in termini di complessità della narrazione. Il primo romanzo è più semplice non solo per quel che riguarda la storia ma anche per il modo in cui questa viene raccontata. Ne Il signore degli Anelli, invece, la faccenda si complica ma allo stesso tempo si arricchisce di dettagli, personaggi, trama e finisce per arrivare più in profondità per quel che riguarda l'infinità di tematiche affrontate.

Prime impressioni sulla lettura

E' vero, mi sono un po' lamentata all'inizio perché il libro era alquanto lento in partenza. Diciamo che seguire Frodo, Pipino e Sam che vagano curiosamente tra i boschi della Contea non è proprio entusiasmante, soprattutto se è proprio quello il momento in cui inizi a odiare il protagonista. Ebbene sì, a fine lettura del primo volume ammetto con una certa soddisfazione che Frodo è uno di quei protagonisti che vorrei strangolare ma che, alla fine, ti fa desistere dal farlo. Mi sono interrogata su questo mio odio viscerale nei suoi confronti e mi sono informata, perché credevo avesse a che fare proprio con il tipo di personaggio che Frodo incarna, ed effettivamente è così. 

Il personaggio di Frodo è costruito alla perfezione e riprende, come mi è stato confermato da più parti, il tipico protagonista legato al fardello che si porta dietro, in questo caso l'anello. Quest'ultimo condiziona, in qualche modo, il suo comportamento e le sue decisioni e lo rende particolarmente detestabile agli occhi di un lettore che patteggia, invece, per un personaggio più umano come Samwise Gamgee. In effetti, all'inizio del romanzo quando l'Anello era ancora custodito dal vecchio Bilbo, Frodo mi era parso più simpatico proprio perché più simile all'umanità e alla sconfinata bontà d'animo di Sam; una volta messosi il fardello al collo, di Frodo e della sua simpatia nessuno ha più avuto notizia. 

A proposito dell'Anello: sono rimasta estasiata dal labirinto di storie che Tolkien è riuscito a creare attorno alla trama principale del libro e che si sviluppa progressivamente pagina dopo pagina. L'universo Tolkieniano della Terra di Mezzo diventa realtà mano a mano che ne apprendiamo la storia, gli eventi del passato, i grandi popoli che la hanno abitata in passato e che la abitano ora. Nel profondo, ci chiediamo tutti se da qualche parte gli elfi stiano ancora vivendo in boschi inaccessibili o cosa stiano preparando di buono per colazione gli Hobbit della Contea. Insomma, Tolkien ha reso vero - e non verosimile, altrimenti non avrebbe funzionato - un mondo inventato del quale non sapremo mai abbastanza. E un po', per questo, lo odio, perché sarò costretta a leggerne all'infinito.

All'interno di questo universo si muovono dei personaggi che accompagnano Frodo nella sua anti-ricerca per quale egli è colui che deve distruggere un oggetto e non ritrovarlo. Le relazioni che si instaurano tra questi personaggi sono molto forti e profonde e anche molto toccanti in alcuni casi. Il fatto che Tolkien si muova comunque in uno schema abbastanza prestabilito che è quello delle saghe antiche - e Aragorn, in certi casi, è l'emblema di quegli eroi caduti - non rende la narrazione per niente pesante. Ci sono delle descrizioni di alcuni personaggi che mi hanno lasciata a bocca aperta, tra cui quelle di Aragorn e di Galadriel.

Un'ultima postilla per chi pensa che aver letto prima Lo Hobbit mi abbia "rovinato" la lettura de Il Signore degli Anelli: posso affermare con una certa sicurezza che aver letto le avventure di Bilbo prima di quelle di Frodo mi ha reso il cammino un po' più facile, soprattutto per la lettura in inglese. Credo che, senza Lo Hobbit avrei percepito un buco nella storia che non mi sarebbe piaciuto, soprattutto nel momento in cui Gandalf racconta nei particolari a Frodo le avventure di Bilbo con l'Anello. Il mio consiglio, soprattutto per non farsi spaventare dai primi lunghi capitoli de Il Signore degli Anelli, è di leggere prima Lo Hobbit.

Le differenze di traduzione e l'immaginario comune

Leggere Il Signore degli Anelli in inglese è stata una sfida sotto molti punti di vista, non solo da quello linguistico. L'inglese di Tolkien varia a seconda delle situazioni - le scene delle battaglie hanno un tono molto più epico e quindi complesso a livello linguistico, poiché fitto; le descrizioni dei paesaggi e degli scenari lo sono altrettanto, perché a ogni particolare rilevante viene dato il suo spazio e la scelta delle parole mi sembra fosse abbastanza precisa per Tolkien - e dei personaggi. Nei passaggi più alti e formali, l'inglese di Tolkien diventa molto complesso, soprattutto quando a parlare sono personaggi del calibro di Elrond, Celeborn o Galadriel, ovvero coloro che prendono le sembianze di saggi aiutanti e "oracoli" per far proseguire il cammino all'intera compagnia. Non me ne vogliano gli appassionati, ma qualche volta mi è scappata una risata associando quella sintassi elevata a quella "rivoltata" del saggio Yoda di Star Wars

Tuttavia, la parte che più mi ha disorientata è stata dover capire i nomi inglesi di personaggi e luoghi e ricalibrare la bussola. Anche per quel che riguarda i nomi, Tolkien amava giocare con la lingua inglese e le lingue antiche che aveva studiato nei libri e nelle saghe per tutta la vita. Ne Lo Hobbit Annotato alcune note a margine spiegano l'etimologia dei nomi inventati dall'autore e a cosa potrebbero far riferimento nella mitologia antica.

Tra i nomi che in questo primo volume mi hanno disorientata di più, ci sono:
  • Strider. Viene dall'inglese to stride, ovvero camminare a grandi passi o lunghe falcate. Il corrispettivo italiano di questa parola ne Il Signore degli Anelli è Grampasso, il nome che viene dato ad Aragorn a Brea. Sembra che il motivo di questo soprannome sia dovuto al fatto che gli abitanti di Brea erano Hobbit o uomini di certo più piccoli di Aragorn e quindi avevano le gambe corte.
  • Underhill. Letteralmente tradotto in italiano con Sottocolle, è il nome di copertura che Frodo utilizza a Brea.
  • Rivendell. La traduzione letterale di questa parola potrebbe essere "la valle che divide in due/spaccata", motivo per cui la prima traduzione italiana di questa parola fatta da Elsa Jeronimus Conte ne Lo Hobbit fu Forrespaccata e non il Gran Burrone che conosciamo oggi. Quest'ultima traduzione è da attribuire a Vicky Alliata della Franca, che probabilmente si è fatta ispirare più che dal nome Rivendell dal corrispettivo in lingua elfica. Imladris, infatti, è formato da "imlad", una profonda valle dai fianchi scoscesi (im "profondo"+lad "valle") e "ris" che subisce il cambiamento di senso taglio-> fenditura-> crepaccio. Per cui il significato totale sarebbe "profonda valle del crepaccio [1]

Un "segreto" svelato

Continuiamo rivelando uno dei segreti meno segreti e più scioccanti che riguardano questo libro: Il Signore degli Anelli non è una trilogia. Ebbene sì, viene ribadito spesso nelle prefazioni al libro ed è stato più volte sottolineato dallo stesso Tolkien in passato: intorno al 1950, quando lo scrittore stava preparando il testo per la pubblicazione, si pensava al libro in termini di una "duologia", un libro in due parti di cui una composta da Il Silmarillion. Per questioni meramente economiche e commerciali, la casa editrice inglese Allen&Unwin con la quale Tolkien stava lavorando, decise di lasciare da parte questo secondo libro e di pubblicare solo Il Signore degli Anelli in tre volumi distinti. Tolkien, in ogni caso, continuava a pensare al suo romanzo come un lavoro diviso in sei libri - e tutt'ora, nelle edizioni in commercio, possiamo trovare questa divisione interna ai singoli volumi - e corredato di ben cinque appendici. 

Le questioni editoriali

The Fellowship of the Ring (La compagnia dell'anello) viene pubblicato in Inghilterra il 29 luglio del 1954 dalla Allen&Unwin, una prima edizione inglese alla quale segue quella americana nello stesso anno. Nel 1956 il mondo vede Il signore degli Anelli pubblicato nella sua interezza - con gli errori e le modifiche fatte dall'editore senza consultare l'autore inclusi - e non verrà toccato nuovamente dall'editore per circa un decennio. 

Nel 1965 una casa editrice americana pubblica una versione "pirata" de Il signore degli Anelli: senza autorizzazione da parte dell'editore inglese né il pagamento dei diritti, quest'edizione americana vede il testo completamente azzerato da quelle che erano state le modifiche precedenti dell'editore inglese e introduce nuovi errori tipografici. Tolkien, a questo punto, decide di mettersi al lavoro per produrre una prima revisione totale del testo, che uscirà in America sempre nel 1965. Una seconda revisione verrà fatta nel 1966 per poi rimanere inalterata fino al 1987.

Dopo la morte di Tolkien, avvenuta nel 1973, le successive versioni de Il Signore degli Anelli verranno redatte insieme al figlio dell'autore, Christopher Tolkien. Una grossa revisione viene fatta nel 1994 in occasione della pubblicazione del romanzo in Inghilterra da parte della HarperCollins, che verrà presa come base per la nuova edizione americana del 1999. Ulteriori revisioni e correzioni sono inserite nella bellissima edizione illustrata da Alan Lee nel 2002.

Problemi di revisione...

La questione delle numerosissime revisioni, aggiunte e correzioni de Il Signore degli Anelli è dovuta in gran parte al fatto che i manoscritti del romanzo di J. R. R. Tolkien erano scritti prima a matita e poi ripassati con inchiostro sopra, ma soprattutto la scrittura dell'autore era di difficile decifrazione. Il figlio Christopher la descrive con "lettere così approssimative che una parola non poteva essere dedotta o indovinata dal contesto".

...con i nani

Un altro problema era la libertà che Tolkien si prendeva nello scrivere parole che, a livello grammaticale, non erano del tutto corrette. Un esempio lampante è il plurale di dwarf (nano) che in un inglese corretto dovrebbe essere dwarfs e quindi costituire un'eccezione alla regola che vuole le parole che terminano in -f fare il plurale in -v (vedi leaf - leaves). Da filologo e linguista, Tolkien avrebbe dovuto seguire la regola ma così non è stato. Troviamo sia ne Lo Hobbit che ne Il Signore degli Anelli il plurale "scorretto" dwarves, un errore che nella prima edizione fu corretto dall'editore e del quale lo stesso Tolkien si era accorto. Nel 1937, nella prefazione a Lo Hobbit, Tolkien scrive
In inglese, l'unico plurale corretto di 'dwarf' è 'dwarfs' e l'aggettivo è 'dwarfish'. In questa storia 'dwarves' e 'dwarvish' sono usati ma solo quando si parla di antichi popoli ai quali Thorin Scudodiquercia e i suoi compagni appartengono.
 In una lettera del 15 ottobre 1937 all'editore, Tolkien afferma che avrebbe continuato ad utilizzare questa forma scorretta che spiega ulteriormente nell'Appendice F de Il Signore degli Anelli: la forma dwarves per il plurale, secondo Tolkien, darebbe più dignità all'antico popolo dei nani rispetto alla forma corretta che, invece, farebbe ricordare troppo le "sillier tales of these latter days".

...con gli elfi

Lo stesso discorso si può applicare ad altri "errori" - consapevoli, oserei dire, visto che comunque Tolkien era un esperto filologo - presenti nel testo e corretti in prima battuta dall'editore: la forma elvish corretta con elfish ("elfico"), elven corretta con elfin ("dai tratti elfici"). Nelle successive revisioni Tolkien fu attento a mantenere le forme che egli stesso aveva più o meno volontariamente cambiato e a correggere, invece, quelle che sapeva di aver sbagliato per distrazione. Il problema, per Douglas Anderson si trovava proprio qui: in un romanzo nel quale ci sono lingue inventate e nomi costruiti con maestria con uno scopo ben preciso, come si fa a distinguere e a capire le diverse "storpiature" del linguaggio?

...e con la Terra di Mezzo

Un'altra piccola questione che impedì temporaneamente una comprensione totale dell'opera fu proprio la vastità di quest'ultima in termini di nomenclature, nomi, geografia e storia. Tolkien aveva creato un mondo così vasto sotto tutti i punti di vista che fu difficile decifrare nei primi decenni dalla pubblicazione de Il Signore degli Anelli. Il problema venne in parte risolto con la pubblicazione delle famosi appendici in cui si chiariscono vari punti della storia e della geografia della Terra di Mezzo.

Il personaggio di Tom Bombadil

Non hai la benché minima idea di chi sia Tom Bombadil? Nemmeno io ne avevo una prima di leggere il libro. O meglio, sapevo dell'esistenza di un personaggio del genere perché Tolkien ha scritto un libro di poesie a lui interamente dedicato nel 1962.

Tom Bombadil è un personaggio appartenente alla Terra di Mezzo che compare per la prima volta nell'immaginario tolkeniano nel 1920, quando Tolkien stesso scrive la prima poesia "Le avventure di Tom Bombadil", poi pubblicata nel 1934 sull'Oxford Magazine. Ricomparirà ne Il Signore degli Anelli nel capitolo VI del libro I all'interno de La compagnia dell'Anello

Esistono moltissime congetture su questo personaggio poiché è estremamente particolare, non solo per la sua natura ma anche nei termini della narrazione: Tom Bombadil compare nella Vecchia Foresta, salva gli Hobbit due volte da un destino fatale e indossa l'Anello del Potere senza scomparire. Poi, nulla più. Ecco il motivo per cui questo personaggio non compare in nessun adattamento cinematografico, ma è lo stesso per cui è diventato uno dei personaggi più discussi di tutto l'immaginario tolkieniano.

Nella sua biografia su J. R. R. Tolkien, Humphrey Carpenter scrive che Tom Bombadil prende il nome da una bambola olandese che apparteneva a Michael, il figlio dello scrittore e che inizialmente Tolkien avrebbe voluto scrivere un libro con solo lui protagonista. Il progetto fu abbandonato ma inserito comunque all'interno de Il Signore degli Anelli

Il mistero attorno a questo personaggio potrebbe risolversi in due modi: il primo, è la descrizione che viene data da parte del personaggio stesso e da Gandalf. Da entrambe si intuisce che Tom Bombadil sia una figura molto antica, quasi divina e che sia proprio per questo motivo che, una volta indossato l'anello, non ne subisce il potere. O almeno così sembra in apparenza. Si sa che il potere dell'Anello non è solo quello di far scomparire colui o colei che lo indossa poiché altrimenti Gandalf non avrebbe avuto così tanto timore da prenderlo con sé. Il secondo modo in cui si potrebbe risolvere il mistero Bombadil è la spiegazione che Tolkien dà a proposito del personaggio in alcune lettere. E' egli stesso, infatti, che afferma che Tom Bombadil è e deve rimanere uno dei misteri del romanzo poiché è giusto sia così e che “Rappresenta qualcosa che ritengo importante, anche se non saprei dire esattamente cosa. In ogni caso non lo avrei lasciato se non avesse avuto una qualche funzione.”".

Testi che mi hanno aiutato infinitamente a scrivere questo articolo (e che forse possono interessarti):

Note on the Text, Douglas Anderson, 2004, contenuta nell'edizione HarperCollins de The Lord of the Rings, 2005.
Foreword to the Second Edition, J. R. R. Tolkien contenuta nell'edizione HarperCollins de The Lord of the Rings, 2005.

[1] Spiegazione de Il Fosso di Helm

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